venerdì 26 settembre 2008

Riduzione del numero dei parlamentari: risparmio o...rischio??

Si parla da anni di una riduzione del numero dei parlamentari allo scopo di ridurre i costi della politica. Ricordiamo che nel nostro sistema bicamerale sono previsti 315 seggi al Senato e 630 seggi alla camera dei deputati, per un totale di 945 parlamentari.
Lo stipendio nominale è di 5500 € circa al mese, mentre la diaria per il rimborso spese di 4000 € circa. Almeno altri 4000 per rimborso spese elettorali e oltre 1000 per trasferte.
Un totale di quasi 15000 €, pari a 180.000 € l'anno. Il totale delle diarie e retribuzioni per entrambe le camere è quindi poco più di 170 milioni l'anno. Questo è il preventivo di spesa.
Andate al link (Report, 30/10/05):
http://www.report.rai.it/R2_popup_articolofoglia/0,7246,243%255E95065,00.html
opp. al link (Giornale, 11/03/2009): http://www.crumbria.it/rassegna/pdf/256383.pdf.
Dimezzando il numero dei parlamentari il risparmio sarebbe di circa 85 milioni.

Ma questo è il costo diretto, ovvero ciò che percepisce il parlamentare dallo stato.
Poi c'è il costo indiretto, ovvero ciò che lo stato deve spendere in termini di strutture e servizi per consentire al singolo parlamentare di svolgere il proprio lavoro.
Secondo Gian Antonio Stella (http://frecciatricolore.wordpress.com/2008/01/07/alcuni-dei-costi-del-parlamento-italiano/), le spese di Palazzo Madama (Senato) erano lievitate, al gennaio 2008, sino a circa 500 milioni l'anno e quelle di Montecitorio (Camera dei Deputati) sino a quasi un miliardo. Questo vuol dire che lo stipendio dei parlamentari, pur consistente, incide per meno del 20% della cifra totale. Ma vuol dire anche che, tolti i costi fissi di struttura, dimezzando il numero dei parlamentari i costi (diretti e indiretti) potrebbero calare in proporzione, facendoci risparmiare 300-400 milioni di euro l'anno (più o meno quanto si poteva risparmiare aggregando la consultazione referendaria 2009 con europee ed amministrative).

Ora, confrontiamo questo dato col dato dell'evasione fiscale nel nostro paese: 300 miliardi di euro l'anno di imponibile evaso, pari a 125 miliardi circa, (http://www.contribuenti.it/news/view.asp?id=2864) paragonabile anche ad un altro dato preoccupante: il fatturato della mafia. Secondo Maroni (Radio Anch'io, 12/04/09), il fatturato dell'azienda Mafia Spa, che include organizzazioni criminali italiane e straniere in Italia, é superiore ai 100 miliardi di euro l'anno:
(www.libero-news.it/adnkronos/view/77050+maroni+radio+2009+mafia+fatturato&cd=3&hl=en&ct=clnk&gl=it&client=firefox-a). Il totale supera i 200 miliardi, cifra tra il 10 e il 15% del PIL italiano (2008).

In sintesi, se il governo recuperasse solo il 20% di questa cifra, l'introito per le casse dello stato sarebbe cento volte superiore al risparmio prodotto dal dimezzamento dei parlamentari.
Allora perchè, sebbene si parli da decenni della riduzione dei parlamentari, si sta formando solo adesso una maggioranza consistente abbastanza da realizzare una modifica costituzionale (perchè di questo si tratta, basta consultare la sezione I della costituzione, agli art. 56 e 57: http://www.governo.it/Governo/Costituzione/2_titolo1.html)?

La risposta, a mio avviso, si trova negli stessi articoli costituzionali, dove si dice che i membri del parlamento sono eletti con suffragio universale e diretto. Ritengo infatti che ci troviamo già in un sistema che viola palesemente questi due articoli, dal momento che i nostri 'rappresentanti' non sono scelti direttamente da noi elettori, ma 'nominati' dai vertici dei partiti in base a liste vincolate. Già adesso i parlamentari portano sin dalla nomina il conflitto di dover rispondere da un lato agli interessi dei cittadini, dall'altro a quelli dei dirigenti di partito da cui sono stati nominati.

Non affrontiamo qui il discorso assai penoso di come avvengano le nomine dei dirigenti di partito e dei candidati al parlamento. Tuttavia è evidente all'intuito di tutti che, riducendo il numero dei parlamentari, la facilità con cui i loro 'datori di lavoro' (che dovrebbero essere i cittadini) possono controllarli cresce proporzionalmente, con un rischio elevatissimo che le loro intenzioni di voto, pur al momento protette parzialmente dal voto segreto, possano essere pilotate.
Si veda, ad es., l'articolo:
http://www.riforme.net/referendum2006/ref06-10.htm.

Chi non crede ai rischi evidenti per la sopravvivenza del sistema democratico, che può interessare forse chi ancora crede al bilanciamento dei poteri dello stato, può fare almeno un esercizio semplice sul piano economico: qualora i provvedimenti del governo in materia di evasione fiscale e lotta alla criminalità fossero inefficienti, se non propriamente lacunosi, un parlamento 'appiattito' sulle posizioni del governo non sarebbe in grado di rigettare e far riscrivere il testo, forse nemmeno di migliorarlo.
A quel punto, i danni economici presentati sopra sopravanzerebbero di due ordini di grandezza la cifra che avremmo creduto di risparmiare riducendo il numero dei parlamentari. Secondo voi, chi pagherà i danni?

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